Le novità sugli ammortizzatori sociali in relazione all’emergenza epidemiologica COVID-19

 

Il Governo, al fine di fronteggiare le conseguenze derivanti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, è intervenuto con misure speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e cassa integrazione in deroga, dapprima con il D.L. del 2 marzo 2020 n. 9, e successivamente con il D.L. del 17 marzo 2020, n. 18, c.d. “Cura Italia”. Quali sono le principali novità?

Come è noto la Cassa integrazione Guadagni è uno strumento di sostegno al reddito dei lavoratori in corso di rapporto, ed è concessa dall’INPS solo nei confronti delle aziende operanti in determinati settori ed in presenza di precise condizioni. 

Nel D.L. del 2 marzo 2020 n. 9, l’Esecutivo ha previsto, all’art. 13, che i datori di lavoro possano presentare domanda di integrazione salariale, o di accesso all’assegno ordinario, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica, essendo dispensati dall’osservanza dell’adempimento di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 148/2015 (informazione e consultazione sindacale), nonché di quello all’art. 15, co. II (termine di presentazione della domanda) e 30, co. II (termine per la domanda di presentazione dell’assegno ordinario) del medesimo decreto. 

Il D.L. del 2 marzo 2020 prevede anche una cassa integrazione in deroga per un periodo massimo di tre mesi, a decorrere dalla data del 23 febbraio 2020, ed i cui trattamenti sono concessi con decreto delle regioni interessate.

Le disposizioni in oggetto si riferiscono tuttavia ad una platea ristretta, che riguarda i soli datori di lavoro le cui unità produttive sono site nei comuni individuati all’allegato 1 del DPCM 1 marzo 2020, per tali intendendosi alcuni comuni della Regione Lombardia mentre nel Veneto il solo comune di Vò Euganeo, e per i datori di lavoro le cui unità produttive si trovano al di fuori dei comuni di cui all’allegato 1 limitatamente ai lavoratori già residenti o domiciliati nel comuni di cui all’allegato stesso.

Con il D.L. del 17 marzo 2020, n. 18 il Governo estende le misure di sostegno al lavoro all’intero territorio nazionale, prevedendo una nuova normativa speciale in materia di trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale e nuove disposizioni per la cassa integrazione in deroga.

In particolare l’art. 19 del decreto “Cura Italia” prevede che i datori di lavoro i quali sospendano o riducano l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica possano presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale, o di accesso all’assegno ordinario, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 e per una durata massima di nove settimane.

Una prima novità fondamentale, rispetto all’ordinaria disciplina della CIG, riguarda il fatto che i datori di lavoro non sono tenuti alla previa comunicazione alle rappresentanze sindacali delle cause di sospensione dell’attività lavorativa. Di conseguenza, come ha statuito l’INPS nella circolare n. 47 del 28 marzo 2020, le imprese non sono tenute a comunicare a quest’ultimo, all’atto della presentazione della domanda di concessione, l’esecuzione della informazione alle rappresentanze sindacali. Permane tuttavia l’onere in capo al datore, esplicitato nella norma, di informazione, consultazione ed esame congiunto (con le rappresentanze sindacali) che devono essere svolti anche in via telematica entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva.

In secondo luogo, la domanda non è soggetta alle specifiche causali previste dalla disciplina ordinaria (art. 11 D.Lgs. 148/2015); non vi è alcun onere per le imprese di fornire la prova in ordine alla transitorietà dell’evento ed alla ripresa dell’attività lavorativa né, tantomeno, dimostrare la sussistenza del requisito di non imputabilità dell’evento stesso all’imprenditore ed ai lavoratori. Di conseguenza, come chiarisce l’INPS, il datore non sarà tenuto ad allegare la relazione tecnica indicante le ragioni che hanno determinato la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa. Sarà sufficiente allegare l’elenco dei lavoratori destinatari della CIG.

La terza deroga all’ordinario regime della CIG consiste nel fatto che i periodi di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario concessi ai sensi delle norme speciali contenute nel decreto non sono conteggiati ai fini dei limiti previsti dagli artt. 4 co. I e II, 12, 29 co. III, 30 co. I e 39 del D.Lgs. 148/2015. Pertanto possono chiedere la cassa integrazione ordinaria, specificando quale causale “COVID-19 nazionale”, anche le imprese che hanno già raggiunto i limiti di 52 settimane nel biennio mobile (o di 26 settimane nel biennio mobile per l’assegno ordinario).

Una quarta differenza riguarda i lavoratori destinatari dello strumento previsto dal decreto “Cura Italia”: tali sono coloro che risultano alle dipendenze del datore richiedente alla data del 23 febbraio 2020, a prescindere dall’anzianità di effettivo lavoro e dall’eventuale presenza di ferie fruibili.

All’art. 20 il Governo ha inoltre statuito che le aziende che alla data del 23 febbraio 2020 hanno in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario, possono presentare domanda di concessione della cassa integrazione ordinaria, ai sensi dell’art. 19, per un periodo non superiore a nove settimane. La concessione del trattamento ordinario è subordinata alla sospensione degli effetti della concessione della cassa integrazione straordinaria precedentemente autorizzata, senza, anche in questo caso, che il periodo di trattamento ordinario sia conteggiato ai fini della durata massima complessiva prevista dalla disciplina ordinaria della cassa integrazione.

Accanto alle norme speciali relative alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria, il Governo è intervenuto, all’art. 22, emanando nuove disposizioni per la cassa integrazione in deroga. Con tale norma l’esecutivo ha demandato a Regioni e Provincie Autonome di poter riconoscere trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga “ai datori di lavoro del settore privato, ivi inclusi quelli agricoli, della pesca e del terzo settore compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario”.

La concessione della cassa integrazione in deroga sarà autorizzata dalle Regioni e Provincie autonome previo accordo, che può essere concluso anche in via telematica, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro. Tale accordo tuttavia non è richiesto per i datori di lavoro che occupano sino a cinque dipendenti.

Potranno accedere alla prestazione di cui all’art. 22 le aziende che, avendo diritto alla sola cassa integrazione straordinaria non possano accedere ad un ammortizzatore ordinario (ad esempio le aziende del commercio e le agenzie di viaggio e turismo sopra i 50 dipendenti). Come per lo strumento della cassa integrazione “COVID-19”, anche per la cassa in deroga non si applica il requisito dell’anzianità previsto dalla disciplina ordinaria della cassa integrazione, ed allo stesso modo non è causa ostativa la presenza di ferie pregresse dei lavoratori.

Quanto al rapporto tra le disposizioni contenute nel decreto Cura Italia e quelle contenute nell’art. 13 del D.L. del 2 marzo 2020, n. 9. L’INPS ha chiarito in sostanza che lo strumento contenuto nel Cura Italia, se eventualmente richiesto, si aggiunge al trattamento che era già stato garantito ai datori di lavoro beneficiari ex art. 13 D.L. 2 marzo 2020. Pertanto questi ultimi possono chiedere l’integrazione salariale ordinaria con la causale “Emergenza COVID-19 d.l. 9/2020” e per ulteriori 9 settimane con la causale “COVID-19”. Qualora i periodi delle due domande con distinte causali siano coincidenti, è necessario che i lavoratori interessati dagli interventi siano differenti, mentre se i periodi richiesti non si sovrappongono i lavoratori possono essere gli stessi. Lo stesso discorso vale poi per quanto riguarda il rapporto tra la cassa in deroga di cui al decreto cura Italia e quella prevista nel D.L. 2 marzo 2020.

Da ultimo si ritiene opportuno segnalare che in data 30 marzo 2020 le parti sociali hanno sottoscritto con l’Associazione Bancaria Italiana la “Convenzione in Tema di Anticipazione sociale in Favore dei Lavoratori Destinatari dei Trattamenti di Integrazione al Reddito di cui agli artt. da 19 a 22 del D.L. n. 18/2020”. Oggetto della convenzione è la definizione di una procedura per l’anticipazione – da parte delle Banche che applicano la Convenzione stessa – dei trattamenti di integrazione salariale ordinario e in deroga per l’emergenza Covid. 

L’anticipazione dell’indennità spettante avviene tramite l’apertura di un credito in un conto corrente apposito, qualora richiesto dalla Banca, per un importo forfettario complessivo pari ad euro 1.400 (parametrato a 9 settimane di sospensione a zero ore e ridotto proporzionalmente in caso di durata inferiore e da riproporzionare in caso di rapporto a tempo parziale). 

Destinatari dell’anticipazione sono i lavoratori (anche soci lavoratori, agricoli e della pesca) i quali siano destinatari di tutti i trattamenti di integrazione al reddito di cui agli artt. 19-22 del decreto “Cura Italia”, e che siano dipendenti di datori di lavoro che, anche in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione alla CIG per l’emergenza covid, abbiano sospeso dal lavoro i dipendenti stessi, avendo compiuto domanda di pagamento diretto da parte dell’INPS.

L’apertura al credito in conto corrente cessa con il versamento da parte dell’INPS del trattamento di integrazione salariale ordinario o in deroga, ovvero in caso di esito negativo della domanda, anche per indisponibilità delle risorse.